Forse il decreto Pisanu che da cinque anni regola, con l'intento di arginare il rischio di attentati terroristici, la materia wi-fi in Italia ha i giorni contati. Il decreto fu approvato nel pacchetto "Milleproroghe" in seguito agli attentanti a Londra e Madrid e obbliga chiunque voglia accedere a internet tramite una rete wi-fi pubblica a mostrare i documenti per dichiarare le proprie generalità. Una norma così restrittiva non è più in vigore nemmeno nei paesi più esposti al rischio attentati, come gli USA e il Regno Unito, e rappresenta un caso vergognoso e unico al mondo. Rappresenta, inoltre, l'assenza di una legislazione precisa sulla materia nel nostro paese la cui classe dirigente nei confronti della rete dimostra, semplicemente, di brancolare nel buio più completo. Il decreto, con la scusa obsoleta della difesa dal terrorismo, è stato rinnovato ogni anno da governi di colore diverso a partire dal 2005 e ha di fatto bloccato qualsiasi tentativo di modifica e miglioramento sul tema dell'accesso alla rete dai luoghi pubblici, così tanto diffuso nel mondo quanto raro nel nostro paese. I gestori italiani del settore hanno investito tutto sulla navigazione in mobilità tramite sim e chiavette e hanno quindi tutto l'interesse a mantenere il decreto in vigore, non essendo quello del Wi-Fi un mercato proficuo: Francesco Loriga, responsabile del progetto Provincia Wi-Fi a Roma ha dichiarato come il decreto renda l'installazione di un hot spot Wi-Fi estremamente difficoltosa dal punto di vista burocratico e complessa la sua gestione, bloccando di fatto la diffusione e gli investimenti in tal senso. Il gestore di un bar che decidesse di offrire la connesione a internet nel suo locale dovrebbe preoccuparsi del ritiro dei documenti dei clienti internauti, della loro fotocopia e del loro mantenimento in archivio. Una follia che non si manifesta in nessun altro paese al mondo. Forse però, dicevamo, il decreto ha le ore contate: c'è in parlamento una proposta a firma di deputati di vario orientamento contro il rinnovo del decreto, in programma per dicembre. La proposta porta in calce le firme della rutelliana Linda Lanzillotta, di Paolo Gentiloni (Pd) e del finiano Luca Barbareschi. La proposta di abrogazione ha finora trovato appoggio politico anche da parte dell'Udc, di alcuni settori del Pdl e dell'Idv. Se si votasse la proposta domani, essa troverebbe un'ampia maggioranza. La proposta chiede la totale abrogazione della norma e quindi la libera accessibilità delle reti pubbliche, senza l'obbligatoria presentazione dei documenti. Se poi il governo più televisivo della storia repubblicana, più ostile ed estraneo alla rete di sempre, andasse sotto e addirittura cadesse, in un'ipotesi improbabile ma non certamente inevitabile come paventato qualche giorno fa, per eccesso di simbolismo probabilmente le reti colabrodo del nostro paese si tramuterebbero autonomamente nelle tanto attese autostrade digitali. Nel frattempo l'Espresso ha lanciato una petizione per sostenere la proposta di abrogazione.
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