13.9.10

L'altro giorno in un articolo di fondo sul Corriere della Sera, Giulio Giorello ha accusato la rete di aver dato eccessivo spazio alle farneticazioni del pastore americano che, nell'anniversario dell'11/9, voleva bruciare copie del Corano. Secondo Giorello la rete sarebbe responsabile, in generale, della proliferazione e della promozione di simili idioti. Oggi Wittgenstein di Luca Sofri smentisce l'assunto di Giorello e lo fa nel più semplice dei modi, con un disegno e dei numeri:

La tabella mostra l'andamento delle riscerche su Google per "quran burning" e, come è facile notare, l'impennata di ricerche si ha a partire da dopo il 5 settembre, quando in realtà la notizia del paventato rogo del Corano è in giro addirittura da luglio grazie alla CNN, il maggiore network americano di informazione. La notizia del rogo fu pertanto da subito una notizia "mainstream", diffusa e riportata dai media tradizionali, per quanto non eccessivamente considerata la scorsa estate. L'interesse della rete, si diceva, si è acceso dopo il 5 settembre, a ridosso quindi dell'anniversario dell'11/9, quando il generale Petraeus e poi la Clinton, sono intervenuti sulla faccenda, dichiarandola pericolosa. La rete insomma, non ha lanciato il reverendo piromane, ma se ne è interessata a posteriori, dopo averlo, come è giusto con gli idioti massivi, per lo più ignorato per tutta l'estate. Questo avviene perchè internet è capace, nella maggior parte dei casi, di selezionare. I suoi utenti sono in media più attenti, consapevoli e informati della maggior parte dei fruitori dei media tradizionali, i quali (i media) sono notoriamente più vincolati al sensazionalismo, alla morbosità e alla necessità di "far notizia" prima dei concorrenti per questioni anche commerciali. Le critiche mosse alla rete da Giorello, e da tutti i passatisti in genere, in questo caso, appaiono parecchio generiche, superficiali, mosse da quel comune sentimento, un po' spaurito e al contempo sciocco che ancora, nel 2010 inoltratissimo, vede la rete come un mondo a parte, lontano dall'informazione "ufficiale", come un universo di bruciati, un mondo freak popolato da mostri mediatici, criminali, porno e panzane. Vengono in mente le parole del Sottosegretario Giovanardi, come esempio massimo di ignoranza nei confronti della rete e di miopia con la quale ancora ci si riferisce ad essa. Persino Giorello è caduto nella trappola di credere ancora la rete come un contesto unico a se stesso e separato, capace solo di generare mostri. Vittorio Zucconi, al contrario, su Repubblica, ha fatto notare come la notizia negli USA sia stata fatta rimbalzare dai grandi network, dai quotidiani e dalle agenzie e ha ulteriormente approfondito la questione ossevano come i media "responsabili" non le abbino invece dato importanza, citando la Associated Press. Ma incolpare la rete è più facile. Good media and bad media, si diceva.
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8.9.10

Oggi Michele Serra ha scritto una delle sue Amache più belle degli ultimi tempi. E l'ha scritta per Angelo Vassallo. Il sindaco di Pollica è stato ucciso nella notte di domenica 5 settembre con nove colpi di pistola. La pista mafiosa, per le dinamiche dell'agguato e per l'attività amministrativa di Vassallo, sembra la più accreditata. Il giorno in cui la notizia della morte di Vassallo si è diffusa Marcello Dell'Utri, condannato in secondo grado per conocorso esterno in associazione mafiosa, ha tenuto una conferenza nella mia città. Alcuni di di voi lo hanno voluto, molti applaudito. Non c'entra niente, o forse sì:
Più ancora del sangue di Angelo Vassallo, ambientalista e sindaco, ennesimo martire della democrazia ucciso dalla dittatura criminale, è il suo nome che ci deve essere caro, e presente. Angelo Vassallo, Angelo Vassallo, Angelo Vassallo: cerchiamo per piacere, nella nostra distrazione e nella nostra rassegnazione, di mandarlo a memoria, come si faceva con le poesie a scuola. Saviano ha già atto l'elenco terribile dei morti dimenticati. Militanti politici, amministratori, giudici, poliziotti, sindacalisti, uomini dello Stato e uomini del popolo freddati dai servi-sicari che per quattro soldi onorano il potere bestiale dei loro padroni ricchi, feroci e ignoranti, distruttori della loro terra e carnefici del loro popolo. Nemici della bellezza e del coraggio, edificatori di bruttezza e paura, con le loro montagne di denaro che ammorba, corrompe, avvelena, ma non sa creare niente di utile, di gentile e di condiviso. Impossibile immaginare un omicidio politico più politico di questo: il difensore del bene comune assassinato da chi vuole mangiarselo, il bene di tutti, e farne indigestione lui soltanto, lui e la sua piccola tribù ingorda. Angelo Vassallo, Angelo Vassallo, Angelo Vassallo: i nomi, almeno i nomi, cerchiamo di salvarli dalla morte.
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7.9.10

Il nuovo tg La7 guidato da Enrico Mentana è in onda da una settimana, ma in così poco tempo è riuscito a far crescere di 6 punti la percentuale di share del telegiornale dell'emittente di telecom. In media l'edizione delle 20 ha catturato un 7% di share (circa 1500000 spettatori) contro il precedente dato del 2,33% con la precedente direzione. Aldo Grasso ha fatto giustamente notare come gli equilibri dell'informazione televisiva siano effettivamente cambiati: se cresce una terza voce che arrivi a competere con il Tg1 e il Tg5, che fanno parte dell'immaginario collettivo come le due "voci" per eccellenza della televisione italiana, allora effettivamente è in atto una redistribuzione degli ascolti e come conseguenza, dell'opinione pubblica. Le ragioni sono diverse: Mentana è molto amato e apprezzato, ispira più fiducia, è generalmente considerato un moderato ed equilibrato osservatore e in secondo luogo il suo nuovo tg è evidentemente migliore dei competitori. Più riflessivo e meno sensazionalistico, di certo. Più ragionato e meno spettacolarizzato. Più informale e redazionale, ma meno istituzionale. Una formula che certamente sta piacendo, ma mostra delle evidenti mancanze. Il telegiornale di Mentana è completamente italocentrico e concentrato sulla cronaca e sulla politica italiana. Nell'edizione di ieri sera, ad esempio, non è stata data alcuna notizia di "esteri" mentre il telegiornale si è focalizzato principalmente sulle reazioni al discorso di Fini a Mirabello. E proprio il discorso di Fini di domenica, cui Mentana ha anche dedicato la diretta, è stato al centro di tutta l'edizione delle 20 del telegiornale che, in quella occasione, non ha dato alcuna altra notizia. L'assenza di "esteri" si può spiegare con la comprensione del generale disinteresse del pubblico televisivo italiano per tutto ciò che accade oltre il Brennero e paradossalmente, quindi, ritenere una vincente scelta editoriale premiata dagli ascolti. Ma a cosa serve un nuovo telegiornale che porta agli estremi il generale pressapochismo con cui il resto del mondo viene trattato dalle reti italiane? Quello di Mentana, si diceva, è con ogni probabilità il miglior tg in cui imbattersi accendendo la televisione, ma non è ancora un tg in grado di far crescere la qualità dell'opinione pubblica del nostro paese che, come è noto e anche abusato, si informa nella sua stragrande maggioranza solo attraverso la televisione. E' un tg con le prospettive piuttosto ristrette che necessita di crescere quanto ad ambizioni, ampliandole, fino a diventare una finestra di informazione plurale che sappia dare una visione completa del mondo e non più solo essere un pacato e apprezzabile filtro sul campanile italiano. Lo speciale dedicato a Fini apre inoltre necessariamente un discorso su quale sia il futuro di un format come quello del telegiornale, altrove ampiamente superato, ma in Italia ancora tanto apprezzato e considerato necessario. Il passaggio al digitale terrestre ha portato, nelle case di chi è già passato attraverso lo swith off, BBC World e Rai News, due canali all news interamente dedicati all'informazione prima relegati a un ruolo "di nicchia" sul satellite. Si potrebbe quindi affermare che quel nuovo modello di informazione televisiva "continua" sia stato effettivamente sdoganato negli schermi del grande pubblico al fianco dei canali generalisti. Su Rai News è possibile vedere in diretta le votazioni in parlamento, le conferenze stampa più importanti e avere un costante aggiornamento sui principali avvenimenti della giornata. Su BBC World il tutto avviene su una scala realmente globale e con la perizia e lo stile del giornalismo d'oltremanica. I telegiornali classici non possono che muoversi al traino di questi formati, ancora meno diffusi ma sicuramente vincenti dal punto di vista della velocità e dell'estraneità alle dinamiche più svilite del tubo catodico. Quando e se mai il modello "all news", che è molto più vicino alla "diffusione" continua delle notizie come avviene in rete, venisse completamente accettato e si affermasse una tendenza più convinta nell'investire nei canali di sola informazione, allora il tg tradizionale non avrebbe più senso, sarebbe in costante ritardo e apparirebbe ridondante. Lo speciale di Mentana sul discorso di Fini che nello scenario attuale, dominato dai canali generalisti, appare come un errore e un'occasione mancata potrebbe al contrario diventare un modello cui le emittenti potrebbero affidarsi in un contesto futuro dove l'informazione sia veicolata da canali espressamente a essa dedicati: ai vecchi canali generalisti, ammesso che sopravvivano alla sfida con la rete, verrebbe lasciato un ruolo maggiormente di "commento" e approfondimento con edizioni speciali e, appunto monotematiche. Ma nel contesto attuale italiano, dove spesso le notizie non arrivano o arrivano malissimo, Mentana, avendo più di altri le competenze, i mezzi e, credo, la voglia di farlo, dovrebbe ambire a fare il telegiornale che detti legge, crei un nuovo modello e diventi l'esempio di quell'informazione completa, plurale, aperta che la televisione italiana generalista, privata e peggio ancora pubblica invece, continua a non voler dare.
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