30.11.10

Bret Easton Ellis. Venticinque anni poi.

Imperial bedrooms è il seguito di un cult book. Non esiste forse compito più ingrato per un libro che essere il seguito di un romanzo come Less than zero. Sarebbe quasi impossibile farlo, resistere, ovvero, alla forza di un romanzo vecchio di venticinque anni eppure ancora così chiaramente identitario, così perfettamente delineato nell'immaginario anche a venticinque anni di distanza. Sarebbe impossibile trasportare quel tono, quella forza in un seguito credibile a una distanza di tempo più lunga del tempo che ho passato finora in vita. Sarebbe impossibile, ma a scrivere questo libro è ancora Bret Easton Ellis. Ed Ellis non mente sul tempo e non mente, mai, sul tempo trascorso. Il tempo trascorso è forse il maggior pregio di Imperial bedrooms. Non c'è una riga in questo romanzo che non avverta il peso del quarto di secolo trascorso. Clay quarantenne è un personaggio che è passato attraverso l'amoralità della sua adolescenza, attraverso il dolore come ricerca strutturante, come era ed è in Less than zero. A venticinque anni di distanza ne è ancora interamente pervaso, non può liberarsene, non vuole e non ne ha modo. Quel dolore, che in Less than zero era struttura in un qualche modo vitale, ritmica, è in Imperial bedrooms un peso che rallenta, offusca, sbiadisce e rovina tutto ciò che Clay incontra. Less than zero era disperato, ma mosso dall'incoscienza di adolescenti in corsa. Imperial bedrooms è disperato e senza uscita. Alla fine di Less than zero il futuro sembrava non potesse nemmeno realizzarsi, sembrava dovesse dissolversi in una corsa. In questo nuovo romanzo la scrittura di Ellis toglie il fiato ancora più che nel libro di venticinque anni fa. Ma Ellis non corre più. Clay non può più correre dietro a quel dolore per farne struttura, può solo subirlo e vederlo tornare di continuo. Rain diventa una possibilità negata, la fine della corsa. Diventerà solo la negazione della fuga da quel dolore che in venticinque anni non se n'è andato. Non può andarsene. L'amoralità tanto evidenzianta in Less than zero è più mortale e viva allo stesso tempo ed ora è un peso da sostenere, nella solitudine di un quarantenne costretto all'amoralità. Perchè quello che si fa da giovani è struttura. Quello che accade a quarantasei anni è conseguenza. La conseguenza di un libro di culto scritto da Bret Easton Ellis a ventuno anni è un capolavoro. Scritto da Bret Easton Ellis, a quarantasei anni.
Condividi

24.11.10

Stanno venendo a liberarci

Alla fine è successo, la versione italiana di amazon è online. Era vero, alla fine. Si stenta quasi a crederci che sia successo, dato che l'e-commerce in Italia rappresenta l'1% del mercato complessivo. Eppure è successo, per davvero. E' un segnale, qualcosa si sta muovendo. Venerdì scorso mi è arrivato Newsweek. Sono abbonato da tempo, ma l'altro giorno è stato diverso. La copertina di questa settimana è quella di cui molto si è parlato e gli articoli su Berlusconi e le donne in Italia sono girati molto su Facebook e Twitter nelle scorse settimane. Sono uscito con in mente la notizia dell'imminente approdo di Amazon in Italia e nella cassetta della posta ho trovato Newsweek, con proprio quella copertina e quei pezzi. C'era il sole. Quello era il giorno dello switch-off della tv analogica al digitale in Lombardia. In camera mia ho un vecchio televisore con una piccola antenna analogica. Quel giorno non si vedeva più niente, nessun canale. Ora provate a convincermi che non siano segnali. Stanno arrivando. Stanno venendo a liberarci.
Condividi

6.11.10

Gaddi quotidiani

Sergio Gaddi, attuale assessore alla Cultura e allo Sviluppo Economico del Comune di Como e probabile candidato a sindaco del pdl alle prossime elezioni, ha espresso su Facebook la sua entusiasta opinione sulla vergognosa frase di Berlusconi sugli omosessuali. Me lo fa notare Mattia sul suo blog: Gaddi ha avuto uno scambio di battute con il poeta Mario Fogliaresi e si è così espresso. Non male, per una personalità pubblica che pretende di candidarsi alla guida di una città intera, non male per un amministratore che maneggia con la cultura. Si chiama povertà, e fa più danni della grandine.
Condividi